25 jan A inculturação do carisma
PER UN PRESENTE CHE ABBIA FUTURO
L’inculturazione del carisma in una Congregazione che cambia
29
dicembre 2011
Cari
Confratelli,
Deo
gratias!
Scrivo
questa Lettera circolare ancora una volta dall’eremo di Sant’Alberto di Butrio,
dove sto trascorrendo alcuni giorni del tempo natalizio con la comunità dei
nostri Eremiti. C’è tempo per pregare e per riflettere, nel silenzio e davanti
a Dio, sulla vita personale e della Congregazione.
Nel
pensare alla tematica della Lettera, mi è subito venuta alla mente la richiesta
di alcuni Confratelli di sviluppare il tema dell’inculturazione del nostro
carisma nel mondo attuale.[1]
Il
tema è grande e complesso. È molto importante perché il carisma orionino,
“nostra ragione e forma di essere nella Chiesa”, continuerà nel suo cammino
nella storia se riusciremo ad impiantarlo, allo stesso tempo con fedeltà e
creatività, là dove siamo e dove operiamo. Piantare il carisma nelle diverse
culture è stato l’impegno più che centenario della nostra Congregazione, a
partire dalla fondazione e dalle prime missioni di Don Orione, in Brasile,
Argentina, Uruguay e Polonia e, successivamente, in molte altre nazioni.
Il
nostro carisma orionino è cattolico perché è evangelico.
E ha già dato prova della suacattolicità anche esistenziale perché
è stato assunto dalle diverse categorie di persone (religiosi, sacerdoti,
contemplativi, suore, laici consacrati, associati o singoli), da diversi popoli
(una trentina di nazioni) ed ha attraversato diverse epoche e culture della
storia.[2]
Quest’opera
di inculturazione del carisma continua. La missione della Famiglia orionina
sarà significativa ed efficace, ed avrà perciò futuro, se riuscirà a
presentarsi allo stesso tempo fedele a se stessa ma anche ‘a casa sua’
nell’ambiente popolare e culturale in cui si trova. Proprio per questo intendo
riflettere con voi, cari Confratelli, sull’inculturazione del carisma orionino
nell’attuale contesto storico della Congregazione. Mi sembra un compito di
estrema urgenza. La vitalità della Congregazione nei diversi Paesi in cui è
incarnata dipende dalla buona sintesi vitale tra fedeltà al carisma e aderenza
al proprio ambiente storico-culturale.
UNA INCULTURAZIONE DEL CARISMA NUOVA E GLOBALE
La cultura e la storia influiscono sul carisma, determinano un dialogo, e una
sua ri-espressione con difficoltà e opportunità, adattamenti e cambiamenti,
rinnovamento. Don Orione stesso, fedele al suo carisma, affrontò varie
inculturazioni. Nell’Italia della grande fioritura sociale (fino al
1914), egli promosse soprattutto scuole, colonie agricole. Poi, nel clima e
nelle condizioni del ventennio fascista (1922-1943), Don Orione e la
Congregazione si rivolsero molto agli orfani, ai poveri, alle categorie più
abbandonate, sorsero i Piccoli Cottolengo. Nella successiva epoca della
“ricostruzione sociale”, la Congregazione si aprì alle emergenze del
dopo-guerra con decine di opere per orfani, mutilatini e disabili, scuole
professionali e case del giovane lavoratore.
Insomma, guardando alla sola storia in Italia, risulta evidente che la
Congregazione è rimasta fedele al suo carisma rinnovandosi secondo i tempi e il
contesto sociale.
Ed
oggi, come sta andando l’inculturazione del nostro carisma nel mondo?
Per
la mia conoscenza della Congregazione, osservo che nelle diverse
nazioni, siamo chiamati a una inculturazione del carisma che oltre che nuova è
ancheglobale, perché nuovi e globali sono
molti tratti del contesto di economia, di costume, di cultura, di
politica, di religiosità. In passato, quando il mondo era meno
intercomunicante, l’inculturazione era più specifica in ogni singola nazione.
Il “farsi veneziano con i veneziani, inglese con gli inglesi, brasiliano con
i brasiliani” indicava l’incontro con ben definite culture e situazioni.
Dobbiamo prendere atto che il cambiamento a cui è chiamata la Famiglia orionina
oggi è più globale.
Ancor più per la nostra accentuata vocazione “popolare” di contatto con la
gente e di servizio incarnato, siamo chiamati a cambiare nel mondo che cambia
per essere “dentro ai nostri tempi” e avere futuro. Il cambio avviene
inevitabilmente. Solo possiamo scegliere – e di fatto scegliamo – se cambiare
bene, cioè in modo attualizzato e fedele, o cambiare male, cioè
subendo passivamente i tempi e i costumi senza identità carismatica oppure
estraniandoci dai tempi e dai costumi attuali.
Senza inculturazione il carisma si ridurrebbe a enunciati di ideali e a una
nicchia di devozione; memoria e non progetto; nostalgia e non proposta.
“Facciamoci
il segno della croce e gettiamoci fidenti nel fuoco dei tempi nuovi”.[3] In
questa indispensabile opera di inculturazione del carisma per un presente che
abbia futuro, tutto può servire: la riflessione amichevole e spontanea, le
riunioni di Congregazione, l’attuazione cordiale e impegnata delle linee date
dai capitoli e dai superiori; i Segretariati sono un laboratorio culturale e
pratico di rinnovamento.
Come personale contributo, annoto alcuni principali nuclei di
inculturazione del carisma a cui è chiamata la Congregazione.
L’EVOLUZIONE DELLE OPERE DI CARITÀ
È
già avvenuta una notevole evoluzione di tipologie e di forme di gestione delle
opere di carità[4] ma
anche della loro qualità e significato apostolico.
In
un contesto in cui è generalmente cresciuta la previdenza statale,
è notevolmente diminuita la provvidenza agli sprovvisti (desamparados)
esercitata dalla Congregazione. Può bastare ai Figli della Divina Provvidenza
essere buoni gestori della previdenza sociale?
In
tutte le nazioni in cui siamo presenti, fino a qualche decennio fa, bastava
aprire un’opera assistenziale ed essa era immediatamente un’opera
caritativa, un bel segno della carità della Chiesa e della Congregazione “per
portare i piccoli, i poveri alla Chiesa e al Papa per Instaurare omnia in
Christo”, secondo il carisma. Oggi, dopo l’evoluzione avvenuta, non è
più automatico che un’opera assistenziale o sociale o educativa sia ipso
facto un’opera caritativa-apostolica.[5] Ci
sono opere assistenziali “come tutte le altre”, quasi prive di qualità e di
significato apostolico. Proprio per questo è nato il giusto e inevitabile
travaglio di tanti confratelli, le inquietudini, le impazienze e i progetti che
nei Capitoli generali hanno preso il nome di “rilancio apostolico”,
“riappropriazione carismatica”, “conversione apostolica” delle opere
di carità. Tutti percepiamo il problema delle “opere di carità” che
non “aprono gli occhi alla fede”.
Come
è globale il cambio – già avvenuto – di identità, di
gestione e di senso delle opere, così dovrà essere globale e
congregazionale la nuova inculturazione di questo strumento principe
del nostro carisma, voluto e fissato da Don Orione e riconosciuto dalla
Chiesa.
C’è
da aggiungere che non solo la dinamica delle opere è cambiata – e deve cambiare
-, ma anche quella dei religiosi che vi operano. L’ultimo Capitolo generale
parla di identità e ruolo dei religiosi chiamati ad essere nelle opere
soprattutto “testimoni”, “garanti del carisma”, “pastori”,
“formatori”, “profeti”,[6] con
dinamiche di relazione nuove ma non meno esigenti di quelle del passato.
Su
questa nuova e necessaria inculturazione ( = discernimento, adattamento,
rinnovamento, creatività) delle opere carismatiche la Congregazione è da tempo
in movimento. Abbiamo interessanti esperienze a cui anche altre Congregazioni
guardano. Vanno prendendo corpo alcune innovazioni nelle modalità di gestione,
si cerca di realizzare un nuovo ruolo dei religiosi nelle opere, si ricentra il
rapporto apostolico dell’opera con il territorio.
Coraggio,
cari Confratelli, contribuiamo all’evoluzione delle opere di carità in modo
tale che continuino ad essere carismatiche e apostoliche anche nel contesto
sociale attuale molto cambiato. In alcuni casi, si tratterà di lasciare certe
opere non convertibili in strumenti di apostolato.
So
che la evoluzione delle opere ha creato e crea tensione di interpretazione e di
soluzioni. È inevitabile perché non ci sono soluzioni immediatamente evidenti.
Il cambio della nostra relazione con le opere ci chiama, ci provoca, e qualche
volta anche ci scoraggia. Però siamo lì, la Congregazione è lì, ad affrontare
il cambio. Serve il dialogo e lo scambio di esperienze positive. Va
delineandosi un cammino comune con le indicazioni degli ultimi due Capitoli
generali e l’azione dei Segretariati. Non dobbiamo essere né catastrofici (“Basta,
è finita l’epoca delle opere”) né illusi (“Le opere parlano da sole”).
Nessuno si ponga “fuori” del tema, ma offra il proprio contributo di idee e
soprattutto la collaborazione pratica nelle singole comunità e nelle attività,
nella partecipazione ai segretariati e alle altre riunioni di Congregazione.
EVOLUZIONE DEI POVERI E DELLA POVERTÀ
Un
altro ambito in cui la fedeltà al nostro carisma oggi deve rinnovarsi è quella
della destinazione ai “poveri più poveri” data dal Fondatore. Il nostro futuro
passa attraverso una nuova fedeltà ai “poveri più poveri”, espressione spesso
abusata e svuotata, ma piena di realismo nel pensiero e nella pratica di Don
Orione e di tanti orionini.
L’ultima
circolare del sessennio precedente era dedicata a questo tema: “Resti
ben determinato che la Piccola Opera è per i poveri”.[7] È
un punto invalicabile del carisma, un “saldo muro” di confine per
camminare fedeli sui passi di Don Orione. Don Orione ha voluto rinforzare il guard-rail della
nostra strada carismatica con uno speciale giuramento di povertà.[8] Chi
collabora a mantenere il saldo muro[9]dello
stile personale povero e del servizio ai “poveri più poveri” contribuisce a un
presente della Congregazione che abbia futuro.[10]
Però
ci sono anche difficoltà concrete nuove. Oggi le categorie e l’ambiente dei
poveri, che sono il nostro habitat nel qualecresce la
pianta unica con diversi rami della Divina Provvidenza,[11]
sono in evoluzione, sono cambiati.
Non
è mio compito richiamare visioni, interpretazioni e diagnosi sociologiche.
Desidero solo fare un’osservazione interpretativa carismatica che può
servire per l’inculturazione.
Ci
sono ancora i poveri localizzati in una regione geografica
della nazione o della città, ma molti convivono nel tessuto ordinario della
società. Oggi, la categoria “povertà” è estesa ad ogni esperienza del limite e
del bisogno delle persone: materiale, spirituale, fisico, psichico,
relazionale, culturale, religioso. La minore omogeneità geografica o
sociologica dei nostri destinatari, i poveri, può portare a concludere:
“Bene, allora facciamo un po’ di tutto”, genericamente, “perché tanto
tutti sono poveri”. C’è del vero, ma la nostra presenza perderebbe la sua
prerogativa carismatica di essere “per i poveri più poveri”, come suo segno
ecclesiale specifico.
Certamente
il “per i poveri” inteso da Don Orione significa “per tutti i poveri”.
Non ha scelto categorie specifiche come altri fondatori (malati, disabili,
bambini, lavoratori, anziani, immigrati, donne, ecc.). Ma in Don Orione c’è
dell’altro. Se da un lato è evidente l’universalità di destinazione
e di azione caritativa da lui voluta, dall’altra è chiara anche la sua
concentrazione carismatica: “Noi siamo per i poveri, anzi per i più poveri e
più abbandonati”.[12] Cosa
intendeva con l’espressione, “i più poveri?”. Eccone quasi una
definizione: “i più poveri fra i poveri, quelli cioè cui nessuno provvede e
non possono essere accolti in altri Istituti”.[13] Infatti,
“Quelli che hanno protezione da altra parte, per loro v’è già la provvidenza
degli uomini, noi siamo della Provvidenza Divina, cioè non siamo che per
sopperire a chi manca ed ha esaurito ogni provvidenza umana”.[14]
“I
più poveri” sono “i più abbandonati”, i “desamparados”, i più
sprovvisti di altre provvidenze. Questo è il criterio di discernimento e di
progetto carismatico. Un orionino non deve mai dimenticare che il carisma non
ci lega a una tipologia di poveri ma il carisma ci lega alla condizione di
maggior abbandono dei poveri. Dobbiamo privilegiare la carità verso “i
più abbandonati, los mas desamparados”, perché questo era e sarà in futuro
il segno pubblico e semplice, efficace e convincente, “per far
sperimentare la Provvidenza di Dio e la maternità della Chiesa” voluto da
Don Orione.
Nessuna
incertezza: “i più poveri” di Don Orione e degli Orionini sono “i più
abbandonati”, i “desamparados”, i più sprovvisti di altre
provvidenze. A caratterizzare il “privilegium orioninum” per i
poveri è il loro grado di abbandono e di mancanza di altre previdenze: “Noi
siamo della Provvidenza Divina, cioè non siamo che per sopperire a
chi manca ed ha esaurito ogni provvidenza umana”.[15]
Cari
Confratelli, scrivo queste cose in preghiera e sento di toccare un punto
fondamentale per la custodia e la promozione del nostro carisma, e dunque del
nostro futuro. Nell’inculturazione del nostro servizio ai “poveri più poveri”
ritengo che la Congregazione debba fare una riflessione e un cammino più deciso
rispetto a quanto fatto finora. Non è facile. La continua esiguità del nostro
numero di religiosi e la pressante esigenza delle istituzioni grandi e
tradizionali, ci ha impedito quasi del tutto di inculturare questo aspetto
“conditio sine qua non” di fedeltà al carisma: la destinazione “ai poveri più
poveri”.
Conforta
tutti sapere che l’inculturazione del servizio ai “più poveri” continua ad
avvenire soprattutto nelle nuove missioni. Ma ce n’è ancor più bisogno – pur
essendo più difficile – nelle Province consolidate; qui qualcosa è stato fatto
soprattutto sostenendo i laici a realizzare gruppi di aiuto, centri di ascolto,
case famiglia per la vita nascente, piccole istituzioni per minorenni in
difficoltà, iniziative di accoglienza per immigrati, qualche ambulatorio
gratuito per poveri, iniziative di sostegno a poveri fuori delle istituzioni,
ecc. Tutto ciò è molto buono.
Andiamo
avanti, in quanto religiosi e in quanto comunità religiose, per portarci “in
prima linea Pro Providentia!”.[16] Ci
sono due decisioni del 13° Capitolo generale che vanno in questo senso.
Decisione
28: Ogni provincia, discernendo nella propria realtà le forme con cui la vita è
più minacciata (vita nascente, vita debole, immigrati, ecc.), definisca le
azioni più significative per la sua difesa. In tutte le nostre opere
(educative, assistenziali, parrocchiali) ci siano segni di accoglienza e
interesse alle povertà dei “desamparados” (abbandonati).
Decisione
29: Ogni provincia, entro il prossimo sessennio, costituisce una nuova comunità
(o realizza almeno una esperienza significativa) che parta poveramente tra i
poveri.
Certamente
i discorsi sono complessi, ma su questo punto strettamente carismatico o
rispondiamo in modo attualizzato o finiamo fuori gioco. Un orionino fuori campo
dei poveri è fuori gioco e non potrà realizzare il suo goal[17]carismatico.
EVOLUZIONE DELL’AMORE AL PAPA
Anche
il nostro modo di amare il Papa evolve perché è mutato il contesto entro cui
siamo chiamati ad amare il Papa.
Don
Orione affermava “La mia fede è la fede del Papa, è la fede di
Pietro”. Scrisse nel suoPiano e Programma (1903)
che “Questo fine – unire al Papa per instaurare omnia in Christo – è
proprio di nostra vocazione. (…) L'Opera della Divina Provvidenza, accesa di
grandissimo e filiale amore al Vicario in terra di Nostro Signore Gesù Cristo,
gode di obbligarsi con vincolo speciale alla Cattedra del Beato Pietro”.[18]
Sappiamo bene che il nostro IV voto di “speciale fedeltà al Papa”[19] non
ha solo contenuti dottrinali o disciplinari, ma chiede un amore attivo,
incarnato, filiale e pastorale, “per poter tirare e portare i popoli e la
gioventù alla Chiesa e a Cristo. Allora toglieremo l'abisso che si
va facendo tra il popolo e Dio, tra il popolo e la Chiesa”.[20]
Stare su questo “abisso”, soprattutto dalla parte dei poveri, per “toglierlo” è
il luogo carismatico degli Orionini.
Questo abisso è stato prodotto lungo la storia da diversi fattori: per esempio,
la questione romana e la separazione Chiesa-Stato dei tempi di Don Orione, il
socialismo che seduceva le masse popolari, il liberalismo ateo, e poi
contribuirono varie ideologie politiche e movimenti culturali, fino ai recenti
fenomeni del secolarismo e del relativismo individualistico.
Oggi, come “concorrere a rafforzare, nell'interno della Santa Chiesa,
l'unità dei figli col Padre (cioè il Papa) e, nell'esterno, a
ripristinare l'unità spezzata col Padre… e ciò con l'apostolato della carità
tra i piccoli e i poveri, mediante quelle istituzioni ed opere di misericordia
più atte”?[21]
Per
rispondere dobbiamo guardare alle forme di divisione e agli “abissi” che
ci sono tra i poveri e la Chiesa, tra il popolo e il Papa.
Pensiamo
a Don Orione: visse nel clima liberal-massonico anticlericale e illuminista;
era il clima dell’emarginazione della Chiesa contrapposta al messianismo
socialista che conquistava popolo e poveri; era il tempo dell’ostilità
aggressiva verso il Papa come persona e verso la Chiesa come tale.
Oggi
non c’è più quell’odio e ostilità manifesti verso il Papa presenti al tempo di
Don Orione. Anzi, oggi vediamo il Papa osannato e riverito in mondo-visione,
con piazze di milioni di giovani come a Madrid o di folle immense nei viaggi
apostolici. Tutti i grandi della terra si premurano di esprimere e talvolta di
ostentare il loro ossequio al Papa.
Oggi
si scavano altri abissi di separazione e di ostilità. Gli
attacchi al Papa non sono più tanto frontali, dottrinali, rivolti alla sua
persona. Sono piuttosto pratici, indiretti, insegnati e attuati nei costumi di
vita.
“Usa
love singer, but not the song” (USA ama il cantante, il Papa,
ma non la canzone, quello che dice) titolarono i giornali americani
dopo la riuscitissima GMG con Giovanni Paolo II a Toronto. E’ il fossato dominante
oggi.
Stando
così le cose, noi saremo orionini non solo se ci uniremo ai molti che battono
le mani alcantante, ma se ameremo la canzone e la ricanteremo con
le nostre parole e attività in mezzo al popolo e ai poveri.
Il
Papa non è attaccato per il suo ruolo di Papa, come nel Piemonte “gallicano” e
nell’Italia di Don Orione. Oggi, il primato del Papa non è contestato ma
ridotto a simbolo sociale. Gli si dà palco volentieri, anche a motivo dei buoni
risultati mediatici ed economici, poi però il Papa, e i Vescovi con lui, sono
ignorati o attaccati sul terreno dei valori e dei costumi, socialmente indotti
e nettamente contrapposti: valori sociali, familiari, della sessualità,
dell’economia, delle relazioni politiche interne ed internazionali.
Salvo
qualche velleità, non si attacca direttamente la persona del Papa e la presenza
della Chiesa. Sarebbe “impopolare”. No, semplicemente si mostra il mondo
ecclesiale come estraneo alla modernità, con una fede e dei riti folcloristici,
desueti, mentre la vita della gente va da un’altra parte, ad un abisso di
distanza.
Un
piccolo particolare. Sappiamo la formidabile rilevanza mediatica che ha avuto
la Giornata Mondiale della Gioventù, a Madrid. Ore di trasmissione in diretta
in tutto il mondo, pagine e pagine di giornali. Poi però, un grande giornale
italiano, descrivendo il kit dei giovani della GMG terminava
l’elenco dicendo con “e naturalmente una confezione di preservativi”. Come
dire: il Papa fa grandi discorsi, lo applaudono, però poi la morale e la vita
vanno per conto loro, distanti un abisso.
Questi
accenni di lettura del contesto entro cui essere papalini oggi
servono solamente per interrogarci con quali forme e su quali campi, o abissi,
deve essere espresso il nostro impegno per “togliere l'abisso che si va
facendo tra il popolo e Dio, tra il popolo e la Chiesa”.
Anche
la nostra papalinità va inculturata, attualizzata.
L’EVOLUZIONE DELLE VOCAZIONI
È
un altro fattore in evoluzione globale, riguarda tutta la Congregazione. Il
cambio dei membri e delle nuove vocazioni della Piccola Opera comporta alcuni
cambi importanti per l’inculturazione del nostro carisma nel presente e nel
futuro.
La
lettera è già diventata molto lunga e perciò annoto solo tre indicatori del
cambiamento.
1.
C’è un calo delle vocazioni orionine religiose (membri e aspiranti),
consistente, stabile, localmente diversificato.[22]
2.
C’è una ridistribuzione geografica delle vocazioni orionine. È avvenuto nella
Congregazione quello che è avvenuto nella Chiesa. I membri della Congregazione,
50 anni fa, erano il 70% europei e il 30% delle altre nazioni; ora la
proporzione è esattamente capovolta.[23]
3.
C’è una crescita delle vocazioni orionine laicali. Il carisma orionino si
incarna sempre più con abito laicale e secolare; ciò non relativizza ma
responsabilizza i religiosi.[24]
Questi
cambiamenti delle vocazioni orionine sono molto importanti per l’inculturazione
del carisma nel prossimo futuro.
“Con
coraggio superiore di gran lunga alle nostre forze”
Concludo questi cenni su alcuni cambi che interessano l’inculturazione del
carisma invitando ad “aumentare un coraggio superiore di gran lunga alle
forze che sentiamo, perché dove finiamo noi, là comincia l'azione di Dio che è
con noi! Confidenza in Dio!”.[25]Questo
noto testo di Don Orione prosegue con la raccomandazione: “state uniti nella
carità di Gesù Cristo!”. È proprio sull’unione fraterna che vorrei dire
l’ultima parola: assicura la presenza e l’azione di Dio con noi,
valorizza tutti i talenti personali.
Per
operare quel movimento/rinnovamento necessario per l’inculturazione del carisma
è richiesto che formiamo un cuor solo e un’anima sola, un corpo ben
articolato.
Pertanto,
vogliamoci bene nel Signore e stimiamoci tra di noi. Coltiviamo lo spirito di
famiglia e ravviviamo la buona coscienza di spendere la vita per una buona
causa: Dio, la Chiesa, le Anime. Amiamo Don Orione e amiamo quello che Don
Orione amava.
Un pensiero ai più anziani: promovete l’unità di famiglia; con la vostra storia
alimentate lo spirito di famiglia. Anche se tante novità vi superano o non vi
sentite di affrontarle, non chiudetevi e non isolatevi dal cammino della
Congregazione in modo auto protettivo e privo di speranza. Coltivate l’apertura
agli altri e alle novità. Quidquid minimum,ma avanti, con un passo o
anche solo con il desiderio per “non mettere la lampada sotto il moggio”.
Un pensiero ai più giovani: evitate inutili fughe ideali; non frustrate le
energie su sentieri solitari e presto interrotti. Uniti, farete e aiuterete a
fare il movimento possibile e duraturo alla comunità, alla Congregazione. Don
Orione raccontava con commozione di Giacobbe che “aveva con sé la moglie, i
figli ed anche i suoi agnellini, e vedendo che non riuscivano a seguire il
fratello (Esaù), lo pregò ad avere compassione di essi ed a
misurare il suo passo al loro: grande esempio, grande insegnamento della Sacra
Scrittura”.[26]
C’è
oggi bisogno di molta fraternità e di unità, di compassione e di pazienza,
determinanti per tenere insieme le nostre povere membra, i fratelli della
Congregazione, nel cammino di inculturazione cui siamo chiamati oggi.
NOTIZIE DI FAMIGLIA
Come sempre, segnalando alcuni eventi degli ultimi mesi, invito a tenersi
informati della vita della Congregazione visitando il sito ufficiale www.donorione.org, aggiornato
quotidianamente, e anche i siti particolari delle singole Province.
Kenia. Dal 16 al 24 settembre, assieme a P. Malcolm
Dyer, ho fatto visita canonica alle due comunità orionine del Kenya, Nairobi-Langata e Kaburugi.
È stato un momento importante di comunione ma anche di progetto per questa
presenza di Congregazione che sta crescendo. Nella casa-seminario di
Langata c’è un buon gruppetto di giovani aspiranti che fanno ben
sperare per il futuro. Ci sono state 4 prime professioni.
I
Confratelli di Langata hanno la cura della parrocchia di Kandisi.
Si tratta di una parrocchia rurale, povera, poco distante dalla capitale, nella
regione dell'etnia Masai dedita alla pastorizia. La gente sta preparando, con i
propri risparmi, la casa per la comunità religiosa. Sognano anche una scuola
per i loro figli che attualmente devono fare 5 chilometri per arrivare alla più
vicina.
A Kaburugi,
i Confratelli hanno la responsabilità di una estesa parrocchia rurale e di un
piccolo ma esemplare Centro di riabilitazione per ragazzi con gravi disabilità.
Pur con pochi mezzi economici, aiutano oltre 40 ragazzi e ragazze, dal
primo aiuto fino all’inserimento lavorativo protetto nelle serre e negli orti del
Centro. In tutto il Kenya si parla di questo piccolo Centro perché è un modello
da imitare. “Con questo piccolo Centro – ha detto il P. Alex Ruiz – sta
cambiando la concezione degli handicappati in Kenya, prima considerati solo una
maledizione e inutili”. Del medesimo parere si sono manifestati il Nunzio
apostolico, Charles Lebeaupin e il Vescovo della diocesi di Muraga, James
Wainaina Kungu, che ha offerto due terreni per un'altra opera per i disabili
fisici, molto numerosi in diocesi e tenuti nascosti.
Le
tante richieste e possibilità di sviluppo animano e anche imbarazzano. Signore
manda operai nella tua messe.
Durante
la visita è stato lanciato il progetto Don Orione for
Marsabit in aiuto delle popolazioni del Nord Est del Kenya
colpite dalla carestia e dalla fame.
Era
stato pensato con Fr Malcolm, delegato per la missione del Kenya, Don Eldo
Musso, consigliere per le opere di carità, Don Alessio Cappelli, responsabile
della Fondazione Don Orione, e con i Confratelli del Kenya; la Madre generale
Suor Maria Mabel ha assicurato la disponibilità delle Piccole Suore Missionarie
della Carità presenti in Kenya. L’aiuto alla popolazione in situazione
drammatica di carestia e di fame – più volte segnalato dal Papa – è per noi
Orionini anche un’occasione per rinnovare la sensibilità di “pronto
soccorso” già espressa da Don Orione e da tanti Confratelli nella storia
antica e recente della Congregazione. Sarà anche occasione per far sentire alla
giovane Famiglia orionina in Kenya che nel mondo c’è una grande Famiglia
solidale pronta all’aiuto.
Con
l’aiuto economico proveniente soprattutto dalla generosità di case e province
della Congregazione si è già fatta una prima spedizione di tre settimane in
ottobre. Per gennaio-febbraio è programmata una seconda spedizione di solidarietà che
oltre all’aiuto materiale prevede un aiuto pastorale. Il vescovo di Marsabit,
Peter Kihara, ci ha assegnato la casa della parrocchia di Kargi, un villaggio a
circa 75 Km da Marsabit, da tempo vuota e senza sacerdote, in una zona di
grande povertà e abbandono. A questa spedizione, che inizierà il 24 gennaio,
parteciperanno il nostri Don Vittorio Muzzin, i kenyoti Ian Kiprotich Katah
(tirocinante) e Anthony Gachau (postulante), tre suore e tre laici, due
di Pontecurone e uno di Madrid. Da Kargi, il gruppo porterà gli aiuti (alimenti,
medicine, piccole cisterne per raccogliere acqua piovana) e faranno opera
di incontro della gente, visitando famiglie, incontrando bambini e
malati, celebrando nella chiesa parrocchiale.
Mediante
il sito www.donorione.org ho
dato informazione del mio viaggio nel Chaco argentino, a Itatì e nella
regione del Neembucù, in Paraguay.
Questa
visita mi ha molto coinvolto interiormente sia perché avevo nella memoria la
visita – l’unica in queste terre – del nostro Don Orione e sia per quanto
visto e incontrato nell’attualità. Tutte le tappe Saenz Peña, Itatì, Rosario e General Lagos, Barranqueras eÑeembucú sono state
ricche di incontri, di momenti di fede e di commozione umana e sacerdotale. Ho
negli occhi le grandi celebrazioni, gioiose e devote, ma anche la visita alle
tante piccole comunità-con-cappella: la fede e la chiesetta costituiscono
un’autentica ricchezza per questa gente. Ma manca ancora a troppe persone.
I
nostri santi di famiglia.
L’anno
scorso, Suor Maria Plautilla Cavallo è stata proclamata
“venerabile”, cioè è ultimato il processo di beatificazione e solo si attende
un miracolo perché possa essere proclamata “beata”. Per lei sono state fatte celebrazioni di ringraziamento soprattutto
al suo paese natale, Roata Chiusani (Cuneo), e al Santuario della Guardia di
Tortona. Sono intervenuti il vescovo di Cuneo e Fossano mons. Giuseppe Cavallotto,
la madre generale, suor Mabel Spagnuolo, e il postulatore Don Aurelio Fusi. E'
in libreria la nuova biografia scritta da Don Aurelio Fusi, Suor Maria Plautilla. Un riflesso del
volto di Don Orione. Ed. Paoline, Milano 2011, p.232. Nella
Prefazione, il Card. Angelo Bagnasco ha osservato: «Ciò che è stato
veramente grande in lei – se l'eco n'è rimasta fino a oggi – è l'atmosfera
interiore che colorì di divino la monotonia insignificante del suo lavoro. Ma
di questa atmosfera, solo Dio è capace di riferire. E Dio, si sa, specie nei
suoi prediletti, ama mantenere il segreto nuziale».
Abbiamo
avuto notizia che il processo sulla vita e martirio del P. Ricardo Gil Barcelón e
del postulante Antonio Arrué Peiró ha avuto il voto
positivo della Commissione Teologica. Ora manca solo il voto della
Congregazione dei Cardinali e la pubblicazione del Decreto da parte del Santo
Padre. Anche questo processo è concluso e attendiamo come “prossima” la loro
beatificazione.
Quest’anno
abbiamo ricordato con particolare devozione il 60° della morte del “venerabile” Don
Carlo Sterpi, con celebrazioni a Gavazzana, suo paese natale, e
a Tortona. Per la beatificazione solo manca il riconoscimento di un miracolo
attribuito alla sua intercessione. Dobbiamo pregare.
Il Convegno missionario della Famiglia
Orionina (20-23 novembre) ha
radunato per tre giorni circa 100 rappresentanti delle due Congregazioni
religiose, del MLO e dell’ISO sul tema “Tutti in missione.
Come il Padre ha mandato me così anch’io mando voi”. Il convegno
ha avuto per obiettivo informare, fare discernimento e dare indicazioni per
attuare le decisioni dei rispettivi Capitoli generali e per elaborare il
progetto missionario del prossimo sessennio. Si è concluso con l’invio
missionario di Paulin Preka, orionino albanese in partenza per il Mozambico e
di Suor Maria Silvina, PSMC argentina in partenza per la Costa d’Avorio.
Un
breve documento conclusivo raccoglie le linee di progetto missionario per il
sessennio, alcune specifiche delle due Congregazioni e altre comuni.
Il
Convegno Amministrativo (24-27
novembre) ha avuto per tema generale “Provvidenza ed operosità: linee
operative per una gestione carismatica delle opere“. Relazioni
e riflessioni di gruppo si sono alternate sui principali temi: dinamiche di
gestione e qualità apostolica delle opere nella società attuale; povertà e
comunione dei beni in un mondo globalizzato; soggetti giuridici e dinamiche
loro proprie; nuove risorse, fund raising e benefattori; cassa comune e
comunione dei beni; e altri ancora.
I
nuovi Consigli provinciali in America Latina sono stati nominati Consigli Provinciali per il
triennio 2012-2014 della Provincia “N. S. de la Guardia” (Buenos Aires), N. S.
de Fatima (Brasilia), N. S. da Anunciaçâo (S. Paulo) e N. S. del Carmen
(Santiago de Chile). Auguri e preghiere per i Confratelli che svolgeranno
questo servizio, tanto prezioso per la fedeltà alla vocazione religiosa e per
l’unità della Congregazione. Don Orione diceva ai superiori: “La perfezione
del governo è compresa in queste cinque parole: vegliare, amare in Domino,
sopportare, perdonare e pascere in Domino”.
La riunione dei Consigli generali FDP,
PSMC, ISO e MLO (2-3
dicembre) è, ogni anno, un momento importante di comunione e di programmazione.
Ampio tempo è stato dedicato alla reciproca informazione, ai temi di
collaborazione delle due congregazioni religiose, alla valutazione dello
Statuto del MLO che sarà presentato per il riconoscimento canonico alla
Congregazione per la Vita Consacrata e, infine, al Calendario.
Il Decreto di
erezione della nuova Provincia Madre
della Divina Provvidenza, datato 20 novembre 2011,
conclude l’iter giuridico dell’unificazione delle precedenti Province San
Marziano (Tortona), San Benedetto (Genova) e SS. Apostoli Pietro e Paolo
(Roma). Dal 29 giugno 2012, prenderà vita la nuova Provincia che avrà sede a
Roma, nella “Villetta rossa” di Via della Camilluccia 142. Si tratta di un
necessario e non facile cambio giurisdizionale-organizzativo a motivo della
forte riduzione numerica dei religiosi in Italia, culla del Fondatore e della
Congregazione.
Motivi
di preghiera
Come
sempre, affido alle vostre preghiere i nostri defunti che hanno raggiunto il
Signore per ricevere il premio dei servi buoni e fedeli.
Sono
morti i confratelli Don Andrea Giuseppe Alice, Don Timoteo
Peñalver e Don Ignazio Cavarretta (a 99 anni, era il più anziano); le suore:
Suor Maria Estela, Sr. Maria Quirina, Sr. Maria Bertila, Sr. Maria Eustella e
Sr. Maria Aurelia; e Cettina Lo Cascio, una consacrata dell’ISO.
Con
riconoscenza, affidiamo alla bontà del Signore, i nostri parenti defunti: il papà di
P. Paul Mboche Mwangi, Ch. Sebatião Bertoldo Tigre Filho e del P. Hugo Rubén
Camino; la mammadi Ch. Nab Mathias Dabire, Pe. Francisco de Assis
Silva Alfenas e di Mons. Raymond Ahoua, vescovo di Grand-Bassam (Costa
d’Avorio); i fratelli di P. Vicente Di Iorio, D. Ignazio Terzi
(premorto) e D. Damian Danut Ciobanu; le sorelle di Fr.
Orlando Boggio, D. Giovanni Bianchin (premorto), Ch. Carlos Ignacio Espinola
Pereira e Suor Maria Tecla delle suore di San Camillo, sorella di D. Severino
Didonè.
In
ogni casa e provincia, ricordiamo poi gli Amici, Benefattori e Collaboratori
più vicini a noi e alla nostra opera.
Tanti
nostri Confratelli sono particolarmente provati dalla sofferenza e dalla
malattia; hanno bisogno del nostro sostegno, della stima e della preghiera.
Auguri!
Concludo
con gli auguri di Buon Natale e
Felice Anno 2012.
I
Padri della Chiesa dicevano che il bue e l’asinello rappresentano tutti noi. Il
bue, in particolare, rappresenta il popolo d’Israele che aveva il giogo della
legge e il dono della Parola, eppure faceva fatica a riconoscere il suo
Signore. E l’asinello? L’asinello rappresenta tutti i popoli che non avevano la
luce della Parola di Dio, ma avevano il creato e la natura, eppure non hanno
riconosciuto il Creatore. Per questo è venuto in mezzo a noi Gesù per aprirci
gli occhi per riconoscere il Padre, il Signore Dio.
Sappiamo
che il nostro Padre fondatore diceva che è la carità che apre gli occhi
della fede. È la carità del Natale che ci apre gli occhi per riconoscere
Gesù, per riconosce in Lui il Figlio di Dio fatto uomo, per riconoscere in Lui
il volto del Padre che sta in cielo e il volto di ogni fratello che sta in
terra.
Il
mio augurio è che la carità di Dio manifestata nel Natale possa aprirci
gli occhi della fede, gli occhi della carità, gli occhi della speranza.
E
la benedizione di Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo, discenda su
di noi e con noi rimanga sempre.
Buon
Natale! Felice anno nuovo 2012!
Don Flavio Peloso, FDP
(Superiore generale)
[1] Avevo comunicato qualche spunto di
riflessione durante la riunione dei Direttori delle Province italiane, al
Centro Mater Dei di Tortona, dedicata a “Direttori oggi in un mondo che
cambia”.
[2] Il tema comincia ad essere abbastanza
studiato; si vedano, ad esempio, in Don Orione e il Novecento (Atti
del Convegno di Studi, Roma 1-3 marzo 2002, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2003)
i contributi di Giovanni Canestri, Don Orione incontra l’Italia,
99-114; Antonio Sagrado Bogaz, Don Orione incontra il Brasile,
115-140; Enzo Giustozzi, Don Orione in Argentina, 143-160; Anzelm
Weiss, Don Orione incontra la Polonia, 161-178; Roberto Simionato, Ragioni
e atteggiamenti dell’abbraccio dei popoli, 179-198.
[3] Scritti 75, 242.
[4] Per “opere di carità” intendiamo tutta la
vasta gamma di opere indicate da Don Orione nel famoso Capo I delle
Costituzioni del 1936 e le altre che “secondo i bisogni dei paesi e dei
tempi, piacesse alla santa sede di indicarci, come più atte” sono sorte
nelle varie nazioni. Si veda la Circolare Quali opere di
carità?: Atti e comunicazioni 2005, n.217,
p.111-132.
[5] Ho riflettuto su questo tema fondamentale
per il nostro carisma nella circolare “Quali opere di carità?”.
[6] Sono qualifiche molto ricorrenti. Si veda
in particolare le Decisioni 16 e 17 e la Linea operativa 20.
[7] “Resti ben
determinato che la Piccola opera è per i poveri”: Atti e
comunicazioni 2010, n.231, p. 3-11.
[8] Si veda l'art. 36 delle attuali
Costituzioni.
[9] “La povertà dev’essere il saldo muro
di difesa della Congregazione. Sono cadute o furono soppresse Congregazioni
illustri fondate da Santi, Congregazioni che ebbero una fioritura di uomini di
Dio in altri tempi, illustri per pietà, scienza e spirito di osservanza
religiosa; caddero perché avevano lasciato l’osservanza della povertà”; Spirito
di Don Orione V, 73-75. Cfr. L I, 558; Riunioni, 58,
cfr anche 77.
[10] Ricordo e condivido quanto osservava Don
Ignazio Terzi sul futuro del carisma, che non può venir meno perché incentrato
sui soggetti Papa e Poveri. Infatti, “i poveri li
avrete sempre con voi” (Mt 26, 11) e della Chiesa è detto che “Tu
sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi
non prevarranno contro di essa” (Mt 16, 18). E quindi ci sarà sempre bisogno
della carità che unisce i Poveri alla Chiesa e al Papa. La Congregazione avrà
futuro se vive il suo carisma che ha futuro.
[11] Questo concetto è stato approfondito
nella Circolare Vita Religiosa: al
centro, in prima linea: Atti e comunicazioni 2005,
n.215, p.283-310.
[12] Spirito di Don Orione II, 71.
[13] Scritti, 108,
55.
[14] “I Figli della Divina Provvidenza
vivono della mercede di Dio, della vita di lavoro e di povertà, solo, dobbiamo
essere per i poveri, per i più poveri, per i rifiuti, per los desamparados (per
gli abbandonati) della società”; da Spirito di Don Orione V,
107.
[15] L’art. 119 delle Costituzioni: “Dedicati
ai poveri e bisognosi, vogliamo considerare un privilegio servire Cristo nei
più abbandonati e reietti”. La Norma 120: “Lo spirito di carità proprio di don
Orione deve portarci a risolvere i casi urgenti e pietosi che la Provvidenza
possa mandarci, anche a costo di rischi e scomodità. Nei centri maggiori dovrà
essere apprestato un locale disimpegnato per asilo notturno di emergenza.
Nell'accettazione, poi, daremo precedenza assoluta ai casi più poveri, senza
lasciarci condizionare da valutazioni economiche”.
[16] Scritti 64, 322.
[17] Significa meta, scopo, obiettivo.
[18] Riportato in Lettere I, 11-22.
[19] Le Piccole Suore Missionarie della Carità
emettono il quarto voto “di carità” per unire al Papa e alla Chiesa e così Instaurare
omnia in Christo; cfr art.3 e 45 delle Costituzioni.
[20] Lettere I, 21. Si veda
la Circolare Quale amore al
Papa?: Atti e comunicazioni 2005, n.216,
p.3-15.
[21] Tale espressione ricorre nei testi
carismatici più importanti: nel “Piano e programma” del 1903, nel “Capo 1°
delle Costituzioni del 1936 e all’art.5 delle attuali nostre Costituzioni del
1988. I testi si possono trovare anche in Sui passi di Don Orione,
pp. 233-235 e 295-298.
[22] I Figli della Divina Provvidenza sono
diminuiti a meno di 1000 membri, dopo che per trent’anni si erano mantenuti tra
i 1000 e i 1100. Attualmente sono 925, con un calo di 40-50 membri nel
sessennio scorso e ciò si ripeterà probabilmente anche nell’attuale sessennio,
a causa dell’aumento dei morti (i molti entrati ai tempi di Don Orione), delle
defezioni e del numero di ingressi (112 professi perpetui nell’ultimo
sessennio).
[23] Nella sola Italia, nel 1965 c’erano 802
religiosi, mentre attualmente in Italia ci sono 221 religiosi. Nel 1965, erano
più di 2/3 dei religiosi; ora sono italiani il 31,8% dei religiosi, dei quali
il 7,1% in altre nazioni. Sono cresciuti altri poli di presenza consistente: Brasile
(215), Argentina (110), Polonia (101), Afrique (89), medio-piccola: Spagna
(23), Madagascar (23), Chile (22), India (16), Filippine (12), Romania (11),
Venezuela (10), Uruguay (8), Paraguay (8); piccola (in
embrione o in calo): USA (6), Mexico (7), Kenya (10), UK (6), Albania (6),
Mozambico (5), Bielorussia (4), Giordania (4), Ucraina (3), Eire (2).
[24] Si intendono qui le vocazioni orionine
laicali e non semplicemente i laici collaboratori per quanto
orioninamente ben formati. Un laico è di vocazione orionina quando assume il
carisma orionino come propria spiritualità e modo d’essere, espresso in
testimonianza e appartenenza. La crescita delle vocazioni orionine
laicali non è ben definibile in quantità e qualità, ma certo è
fenomeno nuovo, confortante e globale della nostra congregazione.
[25] Lettera ai Confratelli del Brasile,
12.1.1930; Lettere II, 76.
[26] Don Orione si riferiva a Genesi 33.
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